L’ecografia polmonare, oggi considerata uno degli strumenti più potenti a disposizione del clinico in emergenza e in medicina generale, ha una storia relativamente recente, ma straordinariamente dinamica. Per lungo tempo, il polmone è stato ritenuto un organo non esplorabile ecograficamente a causa della presenza di aria, che ostacola la trasmissione degli ultrasuoni. Questo dogma ha limitato per decenni l’interesse verso l’uso dell’ecografia toracica, relegandola quasi esclusivamente allo studio della pleura e dei versamenti pleurici. A partire dagli anni ‘80 e ‘90, pionieri come Daniel Lichtenstein in Francia iniziarono a dimostrare come l’analisi dei segni ecografici indiretti – le linee pleuriche, gli artefatti riverberativi (linee A e B), la dinamica del “lung sliding” – potesse fornire informazioni fondamentali sullo stato del parenchima polmonare e consentire diagnosi rapide e sicure. Le prime applicazioni cliniche riguardarono la diagnosi di pneumotorace, edema polmonare acuto e consolidamenti.

Con l’avvento della tecnologia POCUS (Point-of-Care Ultrasound), l’ecografia polmonare ha vissuto una vera rivoluzione: strumenti portatili, sonde multifrequenza e protocolli standardizzati (come BLUE, FALLS, eCLUE) hanno reso possibile l’integrazione di questa metodica direttamente al letto del paziente. Durante le pandemie virali, in particolare con l’esperienza COVID-19, l’ecografia polmonare ha mostrato la sua utilità come strumento di triage, monitoraggio e follow-up, riducendo la necessità di radiografie e TAC e minimizzando l’esposizione a radiazioni e il rischio di contaminazione ambientale.

Oggi, l’ecografia polmonare è parte integrante del ragionamento clinico in emergenza, terapia intensiva, medicina interna e territoriale e rappresenta un’applicazione tra le più semplici da acquisire in un percorso formativo dedicato per diverse ragioni:
• una rapida curva di apprendimento
• l’impiego di questa metodica in quadri clinici frequenti nello studio di un MMG
• l’alto valore informativo in termini di decision-making
• un tempo di valutazione misurabile in pochi minuti

Si tratta, quindi, di un importante risorsa professionale che, nella valutazione di segni e sintomi quali la dispnea, tachipnea, dolore toracico, febbre, dovrà acquisire la stessa “normalità routinaria” di impiego del fonendoscopio, del saturimetro, dello sfigmomanometro.

I SINTOMI E LE SITUAZIONI CLINICHE

Nel dettaglio i quesiti che il medico di medicina generale può porsi e ai quali può dare una risposta immediata con l’aiuto della sonda ecografica sono:
• è presente un versamento pleurico?
• è presente un addensamento polmonare nelle zone esplorabili ecograficamente?
• vi sono segni di edema, interstiziopatia?
• vi è la presenza di pneumotorace?

La risposta a queste domande, evocate dai sintomi riferiti dal Paziente può essere data dalla sonda ecografica in tempi compatibili con le esigenze ambulatoriali previa conoscenza degli elementi ultrasonografici relativi all’esplorazione pleuro-polmonare. Cosa andiamo a cercare e dove? Quali elementi di normalità? Quali segni relativi alle diverse condizioni patologiche?

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